L’ambasciatore israeliano Chaim Herzog prendeva parola dal podio del palazzo di vetro e, platealmente, stracciava il foglio della risoluzione numero 3379. “Priva di qualsiasi valore morale e giuridico”; così bollò quel documento che faceva del movimento sionista una declinazione del razzismo. Solo un anno prima gli Israeliani avevano subito quello che per loro altro non era che un torto intollerabile, proprio in sede Onu: Arafat aveva fatto il suo storico ingresso nell’assemblea come rappresentante della causa palestinese. Il discorso del leader non aveva non potuto prescindere da riferimenti al sionismo: “Mentre noi condanniamo con forza i massacri dei nazisti contro gli ebrei, i dirigenti sionisti sembrano più preoccupati di sfruttare questo massacro per realizzare il loro obiettivo dell’emigrazione degli ebrei in Palestina”. Il sionismo aveva utilizzato tra le sue armi l’emigrazione degli ebrei, iniziata negli ultimi decenni dell”ottocento e quindi divenuta causa della situazione che la risoluzione del 1975 andava a descrivere: la Palestina araba occupata era descritta come vittima di un “regime razzista socialmente ingiusto e pericoloso” : niente di diverso da ciò che si poteva osservare nel Sud Africa dell’apartheid. La risoluzione del 1975 fu caldeggiata dagli storici alleati della causa palestinese, in primis, l’Unione sovietica. Il documento era anche figlio del contrasto tra sovietici filopalestinesi e Stati Uniti schierati con Israele. Nulla di strano allora, che nel 1991,quando il mondo archiviava l’eredità della guerra fredda l’ONU si apprestasse ad annullare la risoluzione 3379-caso rarissimo nella storia dell’organizzazione- su proposta della superpotenza degli USA ma con a fianco i paesi dell’ex blocco sovietico. Il voto contrario dei cubani e di alcuni paesi arabi ( Algeria, Siria, Iraq, Arabia Saudita, Libano, Giordania) non sarebbe stato sufficiente. Il sionismo, quindi, cessò di essere un problema delle nazioni unite. Un sentimento che perdura anche oggi, come traspare dalle bruttissime parole che lo scrittore Erri de Luca ha affidato al suo profilo Facebook appena due giorni fa: “Oggi il Mediterraneo e’ scosso dagli sviluppi in Siria, con le emigrazioni di milioni di profughi,in Libia con la presenza dello Stato Islamico, in Turchia con le recenti elezioni a effetto dittatoriale e immediata ripresa della guerra civile con i Curdi. Il primato che qualcuno vuole assegnare alla questione palestinese serve a distogliere l’attenzione dalle urgenze che più determinano il futuro prossimo”. Come a dire, non c’è spazio per la Palestina e non ci sia storia per la sua gente.
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