Esattamente cinquecento anni fa, il 10 agosto del 1519, il navigatore portoghese Ferdinando Magellano partiva da Siviglia per un’impresa mai tentata prima: il giro del mondo su una nave. Impresa epica e dalle molte incertezze, perché allora come oggi l’idea che la terra sia sferica faticava a convincere tutti. Magellano, portoghese ben introdotto nella corte lusitana, la sua missione venne però chiamato a compierla per conto della corona spagnola e del re Carlo V, lo stesso cui si attribuiscono commenti poco lusinghieri verso i sardi. Se Carlo V finanziava la spedizione di cinque navi e 237 uomini di equipaggio non è che lo facesse solo per spirito di avventura e per assecondare il progresso umano. C’era, molto più prosaicamente, da trovare un modo per raggiungere le terre ricche delle preziose spezie che, nella spartizione del mondo tra le potenze coloniali, erano toccate quasi esclusivamente ai portoghesi. Gli uomini dell’equipaggio, dal canto loro, avrebbero avuto diritto a ricchi riconoscimenti, in caso di esito positivo dell’esplorazione. Insomma, il 10 agosto le cinque navi partirono da Siviglia, navigarono il Guadalquivir per un mese e dopo aver superato la foce si gettarono nell’Atlantico. Magellano scoprì lo stretto che ancora oggi porta il suo nome, quelle fenditura all’estremità dell’America latina che gli consentì di oltrepassare la terra e riprendere il mare aperto in quell’Oceano che lui stesso chiamerà Pacifico. Pacifico però non era il clima a bordo, con Magellano costretto ad ordinare esecuzioni sommarie di marinai scoraggiati, convinti che oltre la Terra del fuoco ci fosse il baratro e la morte certa. Il viaggio del navigatore portoghese non arriverà a conclusione, interrotto meno di due anni dopo alle Filippine dall’agguato mortale tesogli dai ribelli locali. Magellano aveva ordine di assoggettare i popoli che incontrava nel suo cammino e di convertirli al cristianesimo ma, in uno di questi assalti, il 27 aprile venne ucciso. Il suo corpo non è stato mai ritrovato. La missione proseguì anche senza il suo capitano e si concluse nel settembre del 1522, col ritorno in Spagna. Ci vollero tre anni per fare il giro del mondo. Delle cinque navi ne arrivò una soltanto, la Victoria, sulla quale erano sopravvissuti diciotto uomini, superstiti dei 237 partiti il 10 agosto 1519. Tra questi miracolati, anche il vicentino Antonio Pigafetta. Grazie al suo dettagliato diario di bordo, cinquecento anni dopo sappiamo tutto di quella straordinaria impresa.
Nato nel 1971 ad Arzachena ed ivi smisuratamente ingrassato negli anni seguenti, figlio di camionista e casalinga. Titoli appesi alle pareti: laurea in Lettere moderne all'Università di Sassari, iscrizione all'albo dei giornalisti professionisti, guida nazionale di mountain bike, presidente della Asd Smeraldabike, direttore della testata Sardegnablogger. È stato redattore di tre diversi quotidiani sardi: dal primo è stato licenziato, gli altri due sono falliti. Nel novembre del 2014 è uscito il suo primo romanzo, "Cosa conta".
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