Sembra un thriller uscito dalla fertile fantasia di qualche sceneggiatore americano, invece la storia che sto per raccontarvi è incredibilmente vera. Inizia nei cieli della Germania il 1 luglio del 2002 e passa, il 24 febbraio del 2004, dall’omicidio di un 34 enne danese, ucciso da un architetto, già ministro di una repubblica russa. Il 1 luglio del 2002, verso le 21.30, sulle campagne della città tedesca di Uberlingen piovono in contemporanea i rottami di due aerei civili, entrati in collisione a 11 mila di quota qualche istante prima. Il primo aereo è un Tupolev noleggiato dalla Bashkirian Airlines, che trasporta 69 persone: tra queste, 45 sono bambini in gita premio a Barcellona per il loro eccellente rendimento scolastico. Il volo è partito quattro ore prima da Mosca e, in quel momento, sta transitando nello spazio aereo tra Svizzera e Germania. La responsabilità del traffico in quel quadrato di cielo è del radar di Zurigo, il cui servizio è affidato alla società privata Skyguide. Accade che la traiettoria del Tupolev coincida con quella di un Boeing 737 della Dhl, decollato da Bergamo e diretto in Germania, con a bordo solo due persone di equipaggio: il comandante Paul Philips, inglese, e l’ufficiale di bordo Brant Campioni, canadese. Peter Nielsen, il tecnico radar in servizio a Zurigo la notte del 1 luglio del 2002, è un danese di 32 anni. In quel momento è da solo, perché il suo collega è in pausa. Si accorge con molto anticipo che i due velivoli potrebbero entrare in collisione nei pressi di Uberlingen e cerca di contattare la torre di controllo competente, ma la linea telefonica non funziona: sono in corso, proprio in quel momento, lavori di manutenzione al radar di Zurigo che hanno messo fuori uso le comunicazioni via cavo. Nielsen temporeggia, si impappina, finché non decide di contattare direttamente l’equipaggio del Tupolev. Nella cui cabina, in quel momento, ha iniziato a suonare l’allarme che segnala l’incrocio di traiettorie con l’altro aereo. Lo stesso allarme avverte della possibile collisione anche i due piloti del Boeing Dhl. Il protocollo vorrebbe che Nielsen ordinasse a uno degli aerei di scendere e all’altro di salire di quota. Per una serie incredibile di circostanze fatali, ai due equipaggi arriva invece la stessa indicazione oltre a tutta una serie di altre informazioni sbagliate. Alle 21.35, il Boeing si schianta contro il Tupolev, facendolo esplodere in volo, prima di precipitare a sua volta. Muoiono tutti i 71 passeggeri. A Barcellona, ad aspettare moglie e figli in viaggio sul Tupolev Bashkirian, c’è l’architetto russo Vitaly Kaloyev, 46 anni. Kaloyev, che è stato ministro delle costruzioni in Ossezia, è un professionista molto quotato e in quel periodo sta lavorando alla costruzione di una villa di un suo facoltoso connazionale. Non vede la consorte Svetlana e i piccoli Diana e Konstantin da mesi. La mattina dopo, quando sa del disastro, parte per Uberlingen, nella vana speranza che la sua famiglia non fosse a bordo dell’aereo precipitato. Cade in una profonda depressione che muta in rabbia quando gli viene proposto un risarcimento, a condizione che rinunci ad ogni azione legale contro Skyguide. Nel frattempo, l’inchiesta aveva ricostruito com esattezza fatti e responsabilità di quanto avvenuto quel 1 luglio 2002. Il 24 febbraio 2004, Vitaly Kaloyev è a Zurigo. Suona al campanello di una casa e alla porta si presenta un uomo, cui l’architetto russo mostra le foto della moglie e dei figli morti nell’incidente. Quell’uomo è Peter Nielsen, il controllore di volo danese in servizio la notte della collisione. I due litigano, poi Kaloyev estrae dai pantaloni un coltello e lo conficca nell’addome di Nielsen, uccidendolo. Verrà condannato a otto anni di carcere, ma per la seminfermità mentale ne sconterà solo tre, tornando libero nel 2007. In patria viene accolto come un eroe. Si dichiarerà convinto che la vendetta fosse un suo diritto e negherà ogni pentimento.
Nato nel 1971 ad Arzachena ed ivi smisuratamente ingrassato negli anni seguenti, figlio di camionista e casalinga. Titoli appesi alle pareti: laurea in Lettere moderne all'Università di Sassari, iscrizione all'albo dei giornalisti professionisti, guida nazionale di mountain bike, presidente della Asd Smeraldabike, direttore della testata Sardegnablogger. È stato redattore di tre diversi quotidiani sardi: dal primo è stato licenziato, gli altri due sono falliti. Nel novembre del 2014 è uscito il suo primo romanzo, "Cosa conta".
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