Nkosi era nato in un villaggio vicino a Dannhauser, in Sudafrica, nel 1989. Se fosse vivo oggi avrebbe 33 anni. La sua sfortuna è stata quella di essere stato concepito da una madre sieropositiva e la sua strada era terribilmente segnata. Nkosi, da subito, ha capito che la sua vita in compagnia dell’AIDS sarebbe stata breve e ha deciso di intensificare i secondi, di riempire anche gli attimi provando a ribellarsi a quello che era un vero e proprio razzismo strisciante: “Sei sieropositivo, non puoi frequentare le scuole”. Nkosi Johnson non poteva stare a guardare e seppure bambino, seppure fragile, seppure con un destino segnato ha avuto la capacità di dire no, di protestare contro questa terribile discriminazione. La scuola elementare di Melville a Johannesburg ha ceduto davanti alle rimostranze di Nkosi, del suo padre adottivo e di moltissime persone schierate dalla sua parte. Nelson Mandela lo definì “un’icona della lotta per la vita”.E’ difficile convivere con l’AIDS, è difficile sapere di essere sieropositivo contro la tua volontà e sapere che soprattutto in quegli anni non c’erano le medicine adatte per respingere quella malattia. Nkosi lo sapeva e continuava a studiare. Fu il relatore principale alla tredicesima conferenza internazionale sull’AIDS e dal palco, quel bambino, consapevole di essere molto più di un uomo, pronunciò delle parole bellissime, degne di un piccolo principe: “Abbiate cura di noi e accettateci – siamo tutti esseri umani. Siamo normali. Abbiamo le mani. Abbiamo i piedi. Possiamo camminare, possiamo parlare, abbiamo bisogni come tutti gli altri – non abbiate paura di noi – siamo tutti uguali”. Sono parole semplici, forse semplicissime, ma raggiungono le pulsazioni più profonde dell’animo e ci fanno riflettere. Soprattutto di questi tempi. Quel “siamo tutti uguali” è la frase più naturale e più semplice da tenere sempre in tasca e mostrarla quando incontra qualcun altro. Nkosi è morto il primo giugno del 2001. Sono passati 21 anni e questa piccola storia è grande come l’universo.Nkosi era un bambino. Semplicemente un bambino. Con le sembianze di un principe: un piccolo principe. Non dimentichiamolo.
Nato a Oristano. padre gallurese, madre loguderse, ha vissuto ad Alghero, sposato a Castelsardo e vive a Cagliari. Praticamente un sardo DOC. Scrive romanzi, canta, legge, pittura, pasticcia e ascolta. Per colpa del suo mestiere scommette sugli ultimi (detenuti, soprattutto) e qualche volta ci azzecca. Continua a costruire grandi progetti che non si concretizzano perché quando arriva davanti al mare si ferma. Per osservarlo ed amarlo.
Renatino e i misteri di Roma (di Giampaolo Cassitta)
Elio e le storie disattese (di Francesco Giorgioni)
The show must go on (di Cosimo Filigheddu)
Vincerà Mengoni. Però… (di Giampaolo Cassitta)
Ero Giorgia, e ricanto. (di Giampaolo Cassitta)
Piacere, Madame. (di Giampaolo Cassitta)
Se son fiori spariranno (di Giampaolo Cassitta)
Ma Sanremo è Sanremo? (di Giampaolo Cassitta)
Pacifisti e pacifinti (di Simone Floris)
Lo specchietto (di Salvatore Basile)
Da San Gavino a San Cristoforo, quando colonizzammo il Villaggio Verde. Ovvero il trasloco (di Sergio Carta)
Se riesco a buscare 5000 Lire ci vediamo allo Zoom, ovvero le pomeridiane in discoteca degli anni’80. (di Sergio Carta)
Papa Fazio (di Cosimo Filigheddu)
sardegnablogger ©2014 created by XabyArt - graphic & web design