Per Cuba, il primo gennaio non è solo Capodanno, è molto di più. È, infatti, una doppia ricorrenza, che ricorda due avvenimenti che hanno dato l’indipendenza al paese: il primo, 120 anni fa, la liberazione dalla Spagna, nel 1899; il secondo, 60 anni fa, il rovesciamento di Batista da parte di Fidel Castro nel 1859. In realtà la seconda ricorrenza appare un po’ strana se non si conosce la storia della prima. Alla fine dell’800, infatti, la Spagna era una potenza in declino, e gli restavano pochi possedimenti, ormai, del grande impero passato. Gli Usa, invece, erano la potenza economica e militare in grande ascesa, e avevano bisogno di possedimenti e basi militari sparse per il pianeta. Gli Usa avevano messo gli occhi sulla bella isola cubana, ma la Costituzione americana vieta l’aggressione a stati esteri senza un motivo, senza un casus belli. Quello che successe in quell’anno alla rada del porto de l’Avana è ormai noto agli storici. Un incrociatore americano, il Maine, esplose in aria causando la morte di oltre duecento marinai. Gli Usa si affrettarono a dare la colpa agli spagnoli, che si difesero chiedendo una commissione d’inchiesta paritaria. Ma gli Usa, pressati da una propaganda di stampa interna inscenata ad arte per aizzare l’opinione pubblica, dichiarò guerra alla Spagna. In pochi giorni la marineria spagnola fu annientata e gli Stati Uniti si presero, col trattato di pace, Portorico e le Filippine, mentre Cuba divenne un protettorato americano con tanto di basi militari yankee, tra cui quella di Guantanamo che esiste tuttora. Per anni i cubani, guidati dal poeta condottiero ed eroe nazionale Josè Martì, a costo di grandissimi sacrifici, avevano lottato per l’indipendenza del loro paese. E ora si ritrovarono con una indipendenza a metà. Esattamente 60 anni dopo da quel giorno, Castro rovesciò il governo filo-americano di Fulgenzio Batista. La rivoluzione cubana, com’è noto, costò molto cara a Cuba, si pensi all’embargo economico subito fino ad oggi che ha impoverito e affamato quella popolazione. Semplificando complicate vicende storiche e politiche, si potrebbe dire che alla fine Cuba dovette, in un certo senso, rinunciare ad una parte della loro sovranità e dichiararsi comunisti e filo-sovietici, per essere tutelati dalle aggressioni statunitensi. Ma sempre meglio del piede americano sul suolo isolano. Naturalmente gli storici che indagarono, gli anni successivi, il caso Maine, si resero conto delle tante incongruenze della versione americana. L’ipotesi più probabile è che gli americani stessi volessero causare un casus belli, verosimilmente senza quella carneficina, prodotta dall’imperizia nel posizionare l’esplosivo troppo vicino alla caldaia. Si parla, ipotesi meno probabile, di un incidente. Si esclude completamente, ormai, l’ipotesi dell’attacco spagnolo, privo completamente di senso. Un complotto, insomma. Un vero e proprio complotto di quelli che oggi, ad ipotizzarlo, ti farebbe tacciare di complottista, o ti attirerebbero l’accusa di anti-americanista pregiudiziale. Invece la storia è più varia di quello che si pensi.
Fiorenzo Caterini, cagliaritano classe '65. Scrittore, antropologo e ambientalista, è studioso di storia, natura e cultura della Sardegna. Ispettore del Corpo Forestale, escursionista e amante degli sport all'aria aperta (è stato più volte campione sardo di triathlon), è contro ogni forma di etnocentrismo e barriera culturale. Ha scritto "Colpi di Scure e Sensi di Colpa", sulla storia del disboscamento della Sardegna, e "La Mano Destra della Storia", sul problema storiografico sardo. Il suo ultimo libro è invece un romanzo a sfondo neuroscientifico, "La notte in fondo al mare".
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