Che cos’era per noi ragazzi di ieri Carosello? Lo spartiacque tra i piccoli e i grandi, tra l’infanzia e l’adolescenza, il timer che ci avvisava il dover ritirarci nelle nostre stanze. “Dopo carosello a nanna” si sentenziava nelle case degli italiani. Sino al primo gennaio 1977, quando quella musica dopo il telegiornale scomparve per lasciare spazio agli “spot”, vere e proprie pubblicità dei prodotti senza storie, senza piccoli teatrini che ci avevano, negli anni, fatto crescere. Avevo quasi diciotto anni e della sua scomparsa a quei tempi non me ne accorsi neppure. Però Carosello ha segnato una parte della mia esistenza. Son cresciuto con il pianeta Papalla, con Pappagone, con il signor Cynar, con Calimero pulcino Nero (Ava come lava) con la Cera Liù, i Brutos, Jo Condor (chi sono io, Babbo Natale?) con la brillantina Linetti e Topo Gigio. Il piccolo teatro era una sorta di tormentone con delle frasi che imparavamo a memoria nella bellezza di un mondo tutto in bianco e nero. Carosello era l’elogio della lentezza ma in quei pochi minuti si apprezzavano i vari “corti”, costruiti molto bene, come dei piccoli film. Furono i nostri idoli, alcuni simpatici, altri meno, ma facevano parte del nostro immaginario. Carosello è stato un modo di raccontare il mondo che velocemente cambiava con armi assolutamente artigianali giocando tra il personaggio e l’articolo da pubblicizzare. Adesso ci sono altri tormentoni e altra fotografia. A quei muscoli scolpiti e silenti della pubblicità di Versace contrappongo il digestivo Antonetto, quello che si poteva prendere anche in tram. Ma, a quanto pare, non basta più: per digerire il logorio della vita moderna ci vuole un buon maalox.
Nato a Oristano. padre gallurese, madre loguderse, ha vissuto ad Alghero, sposato a Castelsardo e vive a Cagliari. Praticamente un sardo DOC. Scrive romanzi, canta, legge, pittura, pasticcia e ascolta. Per colpa del suo mestiere scommette sugli ultimi (detenuti, soprattutto) e qualche volta ci azzecca. Continua a costruire grandi progetti che non si concretizzano perché quando arriva davanti al mare si ferma. Per osservarlo ed amarlo.
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