Ecco la mia testa rasata, sono una Skinhead ma di quelli della prima ora, non i derivati. E succede che con quella testa lì richiami l’immagine dei soldati e forse anche per questo tanti ti chiamano guerriera. MA ****Attenzione, questo testo contiene rivelazioni intime e stacchetti musicali, altamente sconsigliato ai duri d’orecchio e di cuore**** C’è un ma. Affrontare un problema di salute, quale che sia, dipende da tanti di quei fattori e nessuno di questi è legato al coraggio. Almeno nel mio caso. Io vi ringrazio se riponete tanta fiducia nelle mie capacità, ma preferisco essere sincera, senza sotterfugi e photoshop. Non sono stata coraggiosa. Sono stata incosciente in alcuni momenti. Tipo quando durante la chemio andavo in piscina. Non ho mai pensato che potevo prendermi la qualunque cosa e potevo essere più soggetta a infezioni e funghetti vari. Avevo bisogno di quella nuotata e dei giochi in acqua. E del cloro e del viso sempre sorridente di Rita, la mia istruttrice. E poi risparmiavo sull’asciugacapelli. Assieme all’incoscienza poi, c’è stata una spinta che è una risposta alla paura. Perché la paura è chiaro, l’ho vissuta. Ma la risposta non è automaticamente il coraggio, bensì è voglia di vivere. Voglia di riassaporare momenti passati e di scoprirne di nuovi. È normale e istintivo aggrapparsi alla vita. Per fortuna però durante questo pezzo del mio percorso non ho conosciuto quel vuoto che ho vissuto in altre situazioni. Guardare in faccia quel vuoto è disarmante, quel vuoto sì che ti rende impotente e in balìa di brezze che ti trovano talmente fragile, sì ti trovano proprio leggera come una foglia secca, da riuscire a spingerti dentro. Come fecero Hänsel e Gretel con la strega cattiva. Vrum dentro al forno.
Ma torniamo a noi, eravamo rimasti alle mie sedute, le cerimonie del tè reiterate hanno scandito l’inverno. Fortunatamente non ho mai saltato un ciclo, i valori erano sempre nella norma. Solo una volta ho slittato di qualche giorno a causa dei globuli bianchi sballati. L’oncologa se ne accorse e mi chiamò per dire di aspettare, ripetere l’emocromo dopo pochi giorni e nel caso avrei recuperato la mia dose. E così feci. Il taxolo era diviso in dosi settimanali, già ve l’ho detto. Anziché fare un’unica somministrazione ogni 21 giorni, come per la rossa, facevo più sedute suddividendo così la bomba in tre porzioni. Pare si agguanti meglio in questa maniera e ci siano meno effetti collaterali, così mi spiegarono allo IEO che aveva consigliato il piano terapeutico. Ogni settimana, ogni lunedì, mandavo un sms ai miei con il Countdown: menododici, menoundici […], tre, due, uno Buon Annoooooooo. Secondo l’ora legale del Maestro Canello.
Ho vissuto quel periodo con talmente tanta leggerezza (di Cavalcanti-Calvino-Mogol), che tra i ricordi di quei giorni c’è una canzone che riascolto ancora, non la censuro. Durante le sedute c’era la TV spesso sintonizzata su MTV (“I want my… aiuontmaiemtiviiiii” di Knopfler-Sting. No non è questa la canzone). In quel periodo andava muchomolto il brano di Stromae “Tous Les Memes” e risentirla mi dà quella malinconia mista a un sottile dolore che il cuore conosce. Ricorda di quando è stato ferito da qualcosa più enorme di lui, ma ha continuato a fare il suo sporco lavoro.
Poi sì c’è gente che ti vede guerriera ma ha bisogno di tranquillizzarti ugualmente. E ti porta degli esempi di persone sopravvissute, come si definiscono gli ex-pazienti oncologici americani, solo che tu hai approfondito tutte quelle sigle e sai che avere un G3 non è uguale ad avere un G2 e un Mx non è un M0. Sicché ascolti ma tu una tua idea te la sei fatta: per ora il mio obiettivo è vivere, e vivere fottutamente bene, poi ci penseremo.
E arriva il giorno che dovrò ripetere la PET per sapere se la chemio ha fatto la brava o no. Quindi di nuovo: infermiera occhi di bragia, iniezione radiofarmaco, attesa col boccione e copertina, cannolo, prurito al naso, finito! Ma aspetti ancora per vedere se l’esame è andato bene o devi ripeterlo. E anche stavolta arriva la dottoressa e anche stavolta cerca uno stanzino e anche stavolta immagino di essere Samantha nota Sam Jones di S&C che cade sul carrellino.
Entriamo in uno stanzino e la radiologa mi dice «Sa di avere dei fibromi uterini?» Sì, prima di scoprire il tumore al seno avevo in programma di togliere ogni cosa “anche la prostata” (cit. Ada). Bene «E sa di avere una costola fratturata?» Nel mio silenzio compare un punto interrogativo, subito scacciato da un ricordo: io che faccio un esercizio in palestra e sento un dolore che è rimasto per qualche giorno e qualche notte. Quindi io ho convissuto con la mia carcassa rotta senza dirlo a nessuno, ma mica perché volessi nasconderlo. Semplicemente non mi ricordavo e non lo ritenevo importante.
Ma io in fondo sono così, vogliatemi bene ugualmente, io non sono una guerriera.
Sono proprio fatta a cazzo.
Sparo pixel alla rinfusa, del resto sono nata sotto un palindromo (17-1-71), non potevo che essere tutto e il contrario di tutto. Su una cosa però non mi contraddico «Quando mangio, bevo acqua. Quando bevo, bevo vino» (cit. un alpino)
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